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al testo proposto da Giovanni Baldaccini
E lei si chiama ut pictura poesis
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J. Ashbery – E lei si chiama Ut pictura poesis
Non puoi dirlo piú cosí. Preoccupato della bellezza devi uscire allo scoperto, in una radura, e riposare. Certo, qualsiasi cosa strana ti succeda è OK. Chiedere di piú non sarebbe da te, tu che hai cosí tanti amanti, gente che ti ammira ed è pronta a fare cose per te, ma tu pensi non sia giusto, che se ti conoscessero davvero… Basta cosí con l’autoanalisi. E adesso, su cosa mettere nella tua poesia-quadro: i fiori sono sempre belli, specie i delphinium. I nomi di bambini conosciuti un tempo e le loro slitte, i razzetti vanno bene – esistono ancora? Ci sono un sacco di altre cose con le stesse proprietà delle sunnominate. Ora si devono trovare alcune parole importanti e molte di basso profilo, dal suono fiacco. Lei mi contattò perché comprassi la sua scrivania. D’improvviso la strada fu follia pura e clangore di strumenti giapponesi. Prosaici testamenti vennero sparpagliati tutt’attorno. La sua [testa s’allacciò alla mia. Eravamo una biciancola. Qualcosa andrebbe scritto su come ciò ti condizioni quando scrivi poesia: l’estrema austerità di una testa pressoché vuota che si scontra con il rigoglioso fogliame Rousseau-simile del [suo desiderio di comunicare qualcosa nelle intermittenze del respiro, anche se solo [nell’interesse d’altri e per il loro desiderio di capirti e disertarti per altri centri di comunicazione, cosí che la comprensione possa avere inizio, e cosí facendo essere disfatta. Da “Come si sa” (1979) Trad. Damiano Abeni
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